La genetica forense è la disciplina che sfrutta l’informazione genetica custodita nel DNA, collegando ogni traccia biologica ad un determinato soggetto.
Attraverso l’analisi di particolari regioni del DNA (STR o SNP) è possibile fornire una sequenza allelica unica per ogni individuo. In questo modo, è possibile analizzare qualsiasi residuo cellulare presente sulla scena del
crimine, per poi confrontarlo con i sospettati coinvolti.
L’analisi di una traccia forense parte sempre da una fase ispettiva, durante la quale il genetista deve valutare la tipologia del materiale presente su reperto e decidere se questa traccia potrà fornire un profilo genotipico utilizzabile. Durante questa fase possono essere utilizzati vari mezzi per definire la natura della traccia forense.
Possono essere utilizzati test generici come il combur-test, che serve a valutare la presenza di sangue, oppure particolari lampade forensi con lunghezza d’onda variabile tra i 450 e i 670nm, che riescono ad evidenziare tracce di sperma, saliva, sangue, sudore, urina ed impronte papillari (impronte digitali).
Una delle tecniche ispettive più conosciute è il luminol. Il luminol è un reagente chimico che, miscelato con componenti saline, permette di individuare tracce di sangue lavato o diluito.
Se da una parte la preparazione di questo reagente è molto semplice, dall’altra il suo utilizzo, e soprattutto la valutazione degli esiti, è ancora oggi uno degli aspetti più delicati nel campo della biologia e genetica forense. A seguito della presenza in natura di molti falsi positivi al test del luminol, si consiglia il suo utilizzo solo da parte di operatori molto esperti, con qualche centinaia di casi già trattati alle spalle!
La seconda fase analitica è quella estrattiva. Possono essere utilizzate varie tecniche d’estrazione, come resine magnetiche o particolari membrane in silice con altissima affinità con il DNA. In questa fase è molto importante eliminare tutte le impurità presenti nella traccia forense, attraverso vari lavaggi, in modo da poter sfruttare al massimo il materiale biologico estratto.
La terza fase è quella della quantificazione o quantizzazione della traccia forense. Il materiale biologico estratto deve essere “pesato”, per poter calibrare al meglio la successiva fase di amplificazione (PCR).
Utilizzare troppo poco DNA per la PCR potrebbe portare ad un risultato nullo, senza alcun DNA da interpretare. Introdurre invece un eccessivo quantitativo di materiale biologico potrebbe invece produrre un risultato illeggibile, proprio per il troppo DNA introdotto in PCR. La quantificazione serve proprio a dosare il DNA per l’amplificazione; la quantificazione può essere condotta attraverso metodiche come lo spettrofotometro, che quantifica tutto il DNA presente nella traccia (batteri, animali, uomo).
La quantizzazione del DNA con spettrofotometro non è quindi specifica per la traccia forense, non rilevando esclusivamente il DNA umano. Tale metodica è comunque utili per il laboratorio, per avere una stima sull’ordine di grandezza del DNA estratto.
La quantificazione tramite Real-Time è invece una quantizzazione del DNA che misura il DNA umano, tralasciando tutto il materiale biologico di origine animale, batterico o vegetale. Per tale motivo la PCR- quantitativa è specie-specifica, in quanto leggendo il solo genoma umano, permette di dare una stima molto precisa del materiale genetico estratto. Un altro vantaggio della Real-Time PCR è la doppia quantificazione del DNA totale e del DNA maschile, informazione molto importante per eseguire le analisi genetiche su tracce da abusi sessuale.
La quarta fase è quella dell’amplificazione o PCR, con cui il DNA viene moltiplicato milioni di volte in modo tale da avere un maggiore quantitativo di materiale biologico. In genetica forense la PCR viene eseguita mediante multiplex, inserendo in un’unica reazione decine di primers contemporaneamente.
Solitamente quando si allestisce una PCR in biologia molecolare si utilizzano due soli primers (sequenze di innesco funzionali al saggio di laboratorio). In biologia forense si usano invece molti più primers contemporaneamente, in modo da caratterizzare decine di STR identificativi nella stessa reazione.
L’analisi del DNA forense è molto veloce. Con pochi campioni di buona qualità è possibile fornire esiti in pochissimi giorni.
La tipizzazione è la fase conclusiva della lavorazione di una traccia forense. La fase di tipizzazione, comunemente anche detta di sequenziamento del profilo, viene eseguita mediante elettroforesi capillare con sequenziatori automatici che possono analizzare fino a 96 campioni (tracce biologiche o forensi e campioni di confronto) in un’unica “corsa elettroforetica” della durata inferiore ai 60 minuti. Il dato che produce il sequenziatore del DNA è il cosiddetto “dato grezzo” o “raw data” nel quale sono custodite le specifiche del DNA analizzato ed i parametri di corsa utilizzati dall’operatore.
Il dato grezzo (raw data) viene elaborato con particolari software; permette di leggere ed attribuire il profilo genotipico (profilo del DNA) ad una traccia o ad un soggetto. Il dato di tipizzazione potrà pertanto essere anche sfruttato a distanza di tempo, in quanto utilizzabile per confrontarlo con altri profili genotipici di altre tracce.
Il risultato di un’analisi del DNA forense è un grafico detto elettroferogramma, dove sono visibili i segnali allelici del DNA di un contributore biologico (se un singolo soggetto maschile o femminile), o di più contributori biologici (due o più soggetti maschili o femminili). Nell’ultimo caso si parla infatti di tracce miste, dove i segnali allelici sono almeno tre, per parte dei marcatori genetici studiati.
L’attribuzione di una traccia ad un determinato soggetto si effettua tramite confronto. Il confronto è l’unico modo per capire se un soggetto ha contribuito o meno al deposito di un particolare residuo biologico (traccia forense). Il confronto è anche l’unico modo per capire se il DNA di una traccia è uguale a quello di un’altra traccia trovata nella stessa scena del crimine, o eventualmente di un altro evento criminale. In questo modo è possibile collegare più scene del crimine tra loro, o escludere un soggetto come contributore biologico di una determinata traccia forense.
Dopo la tipizzazione i risultati devono essere letti ed interpretati , attraverso software dedicati e calcoli statistici adeguati al caso in esame.
Nel laboratorio di genetica forense del Dott. Portera è possibile analizzare qualsiasi traccia biologica.
L’analisi di una traccia forense parte sempre da una fase ispettiva, durante la quale il genetista deve valutare la tipologia del materiale presente su reperto e decidere se questa traccia potrà fornire un profilo genotipico utilizzabile. Durante questa fase possono essere utilizzati vari mezzi per definire la natura della traccia forense.
Possono essere utilizzati test generici come il combur-test, che serve a valutare la presenza di sangue, oppure particolari lampade forensi con lunghezza d’onda variabile tra i 450 e i 670nm, che riescono ad evidenziare tracce di sperma, saliva, sangue, sudore, urina ed impronte papillari (impronte digitali).
Una delle tecniche ispettive più conosciute è il luminol. Il luminol è un reagente chimico che, miscelato con componenti saline, permette di individuare tracce di sangue lavato o diluito.
Se da una parte la preparazione di questo reagente è molto semplice, dall’altra il suo utilizzo, e soprattutto la valutazione degli esiti, è ancora oggi uno degli aspetti più delicati nel campo della biologia e genetica forense. A seguito della presenza in natura di molti falsi positivi al test del luminol, si consiglia il suo utilizzo solo da parte di operatori molto esperti, con qualche centinaia di casi già trattati alle spalle!
La seconda fase analitica è quella estrattiva. Possono essere utilizzate varie tecniche d’estrazione, come resine magnetiche o particolari membrane in silice con altissima affinità con il DNA. In questa fase è molto importante eliminare tutte le impurità presenti nella traccia forense, attraverso vari lavaggi, in modo da poter sfruttare al massimo il materiale biologico estratto.
La terza fase è quella della quantificazione o quantizzazione della traccia forense. Il materiale biologico estratto deve essere “pesato”, per poter calibrare al meglio la successiva fase di amplificazione (PCR).
Utilizzare troppo poco DNA per la PCR potrebbe portare ad un risultato nullo, senza alcun DNA da interpretare. Introdurre invece un eccessivo quantitativo di materiale biologico potrebbe invece produrre un risultato illeggibile, proprio per il troppo DNA introdotto in PCR. La quantificazione serve proprio a dosare il DNA per l’amplificazione; la quantificazione può essere condotta attraverso metodiche come lo spettrofotometro, che quantifica tutto il DNA presente nella traccia (batteri, animali, uomo).
La quantizzazione del DNA con spettrofotometro non è quindi specifica per la traccia forense, non rilevando esclusivamente il DNA umano. Tale metodica è comunque utili per il laboratorio, per avere una stima sull’ordine di grandezza del DNA estratto.
La quantificazione tramite Real-Time è invece una quantizzazione del DNA che misura il DNA umano, tralasciando tutto il materiale biologico di origine animale, batterico o vegetale. Per tale motivo la PCR- quantitativa è specie-specifica, in quanto leggendo il solo genoma umano, permette di dare una stima molto precisa del materiale genetico estratto. Un altro vantaggio della Real-Time PCR è la doppia quantificazione del DNA totale e del DNA maschile, informazione molto importante per eseguire le analisi genetiche su tracce da abusi sessuale.
La quarta fase è quella dell’amplificazione o PCR, con cui il DNA viene moltiplicato milioni di volte in modo tale da avere un maggiore quantitativo di materiale biologico. In genetica forense la PCR viene eseguita mediante multiplex, inserendo in un’unica reazione decine di primers contemporaneamente.
Solitamente quando si allestisce una PCR in biologia molecolare si utilizzano due soli primers (sequenze di innesco funzionali al saggio di laboratorio). In biologia forense si usano invece molti più primers contemporaneamente, in modo da caratterizzare decine di STR identificativi nella stessa reazione.
L’analisi del DNA forense è molto veloce. Con pochi campioni di buona qualità è possibile fornire esiti in pochissimi giorni.
La tipizzazione è la fase conclusiva della lavorazione di una traccia forense. La fase di tipizzazione, comunemente anche detta di sequenziamento del profilo, viene eseguita mediante elettroforesi capillare con sequenziatori automatici che possono analizzare fino a 96 campioni (tracce biologiche o forensi e campioni di confronto) in un’unica “corsa elettroforetica” della durata inferiore ai 60 minuti. Il dato che produce il sequenziatore del DNA è il cosiddetto “dato grezzo” o “raw data” nel quale sono custodite le specifiche del DNA analizzato ed i parametri di corsa utilizzati dall’operatore.
Il dato grezzo (raw data) viene elaborato con particolari software; permette di leggere ed attribuire il profilo genotipico (profilo del DNA) ad una traccia o ad un soggetto. Il dato di tipizzazione potrà pertanto essere anche sfruttato a distanza di tempo, in quanto utilizzabile per confrontarlo con altri profili genotipici di altre tracce.
Il risultato di un’analisi del DNA forense è un grafico detto elettroferogramma, dove sono visibili i segnali allelici del DNA di un contributore biologico (se un singolo soggetto maschile o femminile), o di più contributori biologici (due o più soggetti maschili o femminili). Nell’ultimo caso si parla infatti di tracce miste, dove i segnali allelici sono almeno tre, per parte dei marcatori genetici studiati.
L’attribuzione di una traccia ad un determinato soggetto si effettua tramite confronto. Il confronto è l’unico modo per capire se un soggetto ha contribuito o meno al deposito di un particolare residuo biologico (traccia forense). Il confronto è anche l’unico modo per capire se il DNA di una traccia è uguale a quello di un’altra traccia trovata nella stessa scena del crimine, o eventualmente di un altro evento criminale. In questo modo è possibile collegare più scene del crimine tra loro, o escludere un soggetto come contributore biologico di una determinata traccia forense.
Dopo la tipizzazione i risultati devono essere letti ed interpretati , attraverso software dedicati e calcoli statistici adeguati al caso in esame.
Nel laboratorio di genetica forense del Dott. Portera è possibile analizzare qualsiasi traccia biologica.